mercoledì 18 febbraio 2009

ventottesima puntata - le imprese di Poker


Sono talmente tante le imprese di quel furfante che non so da dove incominciare. Tralascerò di raccontare di quando è stato via da casa tre giorni e l'abbiamo ritrovato in un campo vicino con una pastora tedesca e di come abbiamo dovuto curargli i piedi posteriori perchè era stato tre giorni appoggiato sulle zampe di dietro. Non farò cenno a quella volta che il padrone di una dalmata purosangue ci chiese i danni perchè sosteneva che Porkipò gli aveva rovinato il cane con una gravidanza mista e indesiderata. Non dirò nulla di quella volta quando una signora si presentò a casa nostra con la sua setter e un cucciolo che era evidentemente e senza ombra di dubbio figlio del Fetente, pretendendo che noi mantenessimo il figlio della colpa.
Vi racconterò invece un simpatico siparietto che si ripeteva quasi ogni giorno. Nonna Elide incominciava a dare segni di quella malattia, che annullando le persone poco a poco, ce l'avrebbe portata via prima in spirito e poi purtroppo anche fisicamente, ma all'inizio poteva ancora uscire da sola o meglio usciva tutti i pomeriggi con Candy e Poker. Loro sembravano capire che la nonna non era più come prima e che quando erano fuori insieme era sotto la loro responsabilità, d'altro canto la nonna si sforzava di rimanere vigile e attenta per il bene dei suoi cani e almeno per due ore al pomeriggio sembrava godere della lucidità di una volta, alcuni chiamano questa cosa pet therapy io la chiamo amore.
Dunque tutti i pomeriggi alle quattro, ai giardinetti vicino a casa (distano circa 50 mt), si ritrovavano tutti i cani del vicinato con i loro padroni, un gran vociare, tante code scodinzolanti, lingue a penzoloni e tanta allegria, Candy era ben inserita nel gruppo aveva tanti amici e così pure la nonna, Poker invece faticava a farsi accettare dal gruppo, dimostrava già da piccolo quel carattere prepotente e litigiosetto che un paio di anni dopo, una volta morta Candy, lo avrebbe fatto espellere dalla compagnia canina. Perchè Candy riusciva a mitigare il caratteraccio del cucciolo, era l'unica autorità che riconosceva, ma la povera cagnona era sempre più stanca e poco paziente, tanto che aveva preso a tornare a casa da sola al primo accenno di intemperanza da parte di Poker, anche se il convivio canino non era ancora sciolto.
Così quel pomeriggio quando vidi tornare Candy da sola, non me ne stupii era normale, la feci entrare in casa e aspettai il ritorno degli altri due. Dopo un suonarono al campanello, era la nonna: ma il poker è tornato a casa? no nonna io non l'ho visto. Allora torno ai giardini. Dopo cinque minuti un abbaiare imperioso mi richiamò al cancelletto, era Poker: poker torna subito ai giardinetti c'è la nonna che ti sta cercando.. e lui via ai giardinetti. Altri cinque minuti e suona ancora il campanello, erano nonna e pochipò: nonna ma le chiavi di casa e il guinzaglio del cane? ah, devo averli lasciati sulla panchina, torno a prenderli. E via di nuovo tutti e due, in tutto questo Candy dormiva sul divano e ad ogni arrivo si limitava ad aprire un occhio e a sospirare, come se capisse cosa stava succedendo. Passati altri cinque minuti, si ripresentò Pochipò col guinzaglio ma senza la nonna e senza le chiavi di casa. Poker devi andare a prendere la nonna! e lui via di corsa e io dietro con la riluttante Candy perchè a quel punto volevo vedere di persona dov'era finita la nonna, Candy aveva una faccia che voleva dire: non c'è alcun bisogno che debba venire anch'io, ve la potete cavare da soli... Arrivata ai giardini vidi mia nonna tranquillamente seduta su una panchina che intratteneva un'amabile conversazione con una sua amica e Pochipò che faceva il diavolo a quattro per farla alzare, abbaiava, saltava le tirava la gonna, faceva due passi verso casa e poi tornava indietro abbaiando come a dire: mi hanno detto di portarti a casa e porterò a termine la missione! Probabilmente fu un'allucinazione, ma mi sembrò di vedere Candy che scuoteva la testa sconsolata.
Col passare degli anni Poker sviluppò anche notevoli doti di attore drammatico, con una particolare predisposizione alla sceneggiata, tanto da guadagnarsi il soprannome di mariomerola dei cani. Quasi tutte le domeniche io e mio marito andiamo a pranzo a casa dei miei genitori, e abbiamo dato l'abitudine a pochipò di portarci fuori a fare un giretto dopo il pasto, così tutte le volte, arrivati al caffè Poker inizia a piangere abbaiare saltare guaire e uggiolare finchè non usciamo. Pochipò è sempre stato molto pigro e profittatore, quando lo portavo fuori a fare un giretto per l'ultimo tratto di strada verso casa pretendeva di essere portato in braccio, quando però arrivò a pesare 15 chili cercai di fargli perdere l'abitudine. Una domenica pomeriggio rientrando dal solito giretto tentò il colpo di farsi portare a casa in braccio o da me o da mio marito, ma l'operazione non gli riuscì e allora si fermò imbronciato all'inizio della strada di casa mia... noi rientrammo in casa senza dargli retta. Dopo due minuti si presentò alla porta un vicino di casa con il cane in braccio che sembrava semi svenuto: deve essere stato investito da un'auto l'ho trovato in fondo alla strada che si reggeva sulle zampe davanti e trascinava quelle di dietro... l'uomo sembrava sconvolto. Un pensiero orribile si stava facendo largo nella mia mente, gli chiesi di mettere giù il cane, una volta a terra la bestia cercò di ricomporsi e incominciò a sentirsi in svantaggio sotto gli sguardi di quelle tre paia di occhi umani che lo guardavano con varie espressioni: di divertimento (mio marito), di sincera preoccupazione (il vicino di casa) e di fredda attesa (io). E' forse inutile che vi dica, perchè lo avrete già capito da soli che Pochipò si diede una bella scrollata e scappò via di corsa su tutte e quattro le sanissime zampe, lasciando me infuriata, mio marito più divertito che mai e il vicino di casa letteralmente a bocca aperta, nessuna macchina era passata per la via quindi non poteva essere stato investito, aveva solo trovato il sistema di farsi portare a casa in braccio, e poi ancora adesso qualcuno mi chiede perchè lo chiamo Il Fetente?

martedì 17 febbraio 2009

ventisettesima puntata - Poker

Mi sono resa conto che finora ho parlato solo dei miei animali che purtroppo non ci sono più... è bene che parli un pò di quelli che ora vivono con me, anche se non è esatto dire così perchè sono io che vivo con loro e non il contrario... Voglio parlare di Poker intanto che posso ancora interrompere il racconto a metà per andare a dargli una carezza sulla testa, intanto che posso stare qui alla scrivania e sentire il suo buffo russare e guardarlo mentre dorme nella sua posa preferita: a gambe all'aria con gli attributi in bella vista la bocca aperta e la lingua a penzoloni, praticamente l'annullamento della dignità canina.
Questa è la storia di Poker, conosciuto ai più come Il Fetente e chiamato affettuosamente in famiglia Pochipò oppure Porco, un cane ladro, bugiardo, indipendente, ma con la più gran bella faccia da schiaffi canina mai vista, se fosse un uomo si potrebbe definire un bastardo o una tenera canaglia.
Era il 15 dicembre del 1996, passavo ignara e serena per la reception dell'ufficio, quando sul bancone della guardiola scorsi un mucchietto di peli biondi che si dimenava e guaiva, feci l'errore di avvicinarmi incuriosita e il responsabile delle guardie mi mise in braccio un cagnetto di non più di trenta giorni dicendomi: appena ti ha vista arrivare ha incominciato a saltare e ad agitarsi, feci il secondo e fatale errore, lo guardai in faccia e fu amore al primo sguardo, un amore assoluto incondizionato e totale per entrambi, decisi che mai più mi sarei separata da quell'esserino.
Quella sera tornando a casa in macchina, con il biondino sulle ginocchia mi sfiorò appena l'idea che in casa non potesse essere ben accetto, al tempo vivevo ancora con i miei genitori, la nonna, Candy, Camomilla, Isottina e Romy. Appena entrata in casa l'apparizione di Poker fu come un'esplosione, Camomilla lo avrebbe accettato volentieri, ma nel senso materiale del termine cioè con una accetta, mia mamma urlò: non se ne parla neanche di prendere un altro cane! Isottina tanto per cambiare si mise a piangere, mia nonna disse: ma sei matta? (diretta e poco diplomatica come al solito), Romy uscì di casa e andò a nascondersi nella legnaia in giardino, Candy fece subito la faccia da martire e sembrava dire: mi volete sostituire con quel coso lì? mio padre non disse nulla.
La permanenza del cucciolo in casa era in dubbio, nessuno tranne me lo voleva.
Quella notte Poker, che in realtà non aveva ancora un nome, venne a dormire in camera mia, sembrava capire che io ero la sua unica speranza per trovare alloggio. Mi dormì tutta la notte sulla testa come per le successive quindici notti, nel frattempo tutti dicevano di non volerlo, ma nessuno faceva qualcosa per trovargli un'altra casa. Io di giorno andavo al lavoro e lui rimaneva a casa, a lavorarsi il resto della famiglia. Una sera mio padre tornò a casa dicendo che forse aveva trovato una sistemazione per il cane, io, per una volta nella vita, esercitai la tecnica del figlio unico che non chiede mai niente e l'unica cosa che chiede gli viene negata, piansi lacrime di sincero dolore e Poker rimase con noi... quando si dice che cane e padrone si assomigliano non ci si riferisce sempre all'aspetto fisico, da qualcuno la bastardaggine deve pur averla presa.
Romy rimase in esilio nella legnaia per due settimane, più volte al giorno Candy cercava di convincerla a rientrare in casa, ma non ci fu niente da fare fino a quando mia mamma andò a prenderla di peso e la riportò in casa, Camomilla come al solito prese a sberle il nuovo arrivato e Isottina appena lo vedeva piangeva disperatamente. Poker sembrava incurante di tutto questo e dedicava tutte le sue attenzioni a Candy, lei era la sua guida e il modello da seguire, faceva tutto quello che faceva lei, se lei abbaiava abbaiava anche lui, se faceva le feste a qualcuno anche lui scodinzolava se lei dormiva dormiva anche lui, lei poverina sopportava con grande dignità il tormento di avere quel ciuffo di peli biondi sempre appiccicato addosso.
Pochipò non tardò molto a cacciarsi nei guai, durante le vacanze di Natale, incautamente camminò sulla superficie gelata dello stagno delle tartarughe, il ghiaccio si ruppe e lui finì nell'acqua gelida... me lo vidi arrivare alla porta finestra del soggiorno tutto bagnato tremante e in lacrime, lo avvolsi in una termocoperta fino a quando non fu completamente asciutto. Ma l'incidente più grave accadde ai primi di gennaio, era un sabato, subito dopo pranzo, io mi stavo preparando per uscire e lui come al solito avrebbe voluto seguirmi, la sua presenza non era prevista e quindi continuavo a dirgli: no tu non puoi venire! Evidentemente lui pensò che era meglio uscire prima di me e aspettarmi in garage, sgattaiolò fuori in giardino dalla porta della cucina, forse voleva sbirciare giù nel box, fatto sta che cadde dalla parte più alta dello scivolo per le auto, un volo di circa quattro metri. Si sentì un urlo lacerante, sembrava una sirena, dapprima non capimmo subito che veniva da casa nostra, uscimmo tutti in giardino e notammo che tutti gli inquilini delle case vicine erano usciti sui balconi, intanto l'urlo non cessava, poi vedemmo pochipò arrancare su per lo scivolo del garage, un rivolo di sangue gli usciva dalla bocca e trascinava la zampa destra anteriore in un modo decisamente innaturale, come se fosse rimasta attaccata al corpo solo con la pelle. Mio padre mi aiutò a caricarlo in macchina e via di corsa dal veterinario. La diagnosi per forutna non fu drammatica, il sangue dalla bocca era dovuto solo alla lacerazione del labbro e per quanto riguardava la zampa era una brutta frattura, ma la zampa si salvò, anche se ci vollero tre operazioni per rimetterla in sesto. Ancora adesso dopo dodici anni se gli chiedete: ma povero pochipò qual'è la zampa che ti fa male? lui vi mostrerà la zampa anteriore destra con la faccia sofferente e zoppicherà per qualche passo, salvo poi partire alla velocità della luce, di corsa dietro a qualche fantomatico intruso.
Dovevo portarlo dal veterinario per togliere i punti dell'ultima operazione alla zampa quando ne combinò un'altra, mi stavo preparando per uscire lui mi stava aspettando tranquillamente in camera mia, troppo tranquillamente... tanto che decisi di andare a vedere... con la zampa sana aveva aperto il cassetto delle medicine e si era mangiato una intera scatola di zerinol... e via di corsa dal veterinario. Il tempo di arrivare e aveva già la testa gonfia come quella di un san bernardo per uno shock anafilattico...
Insomma in meno di tre mesi aveva già tentato il suicidio tre volte, si potrebbe definire un'adolescenza turbolenta. Nel frattempo aveva conquistato il cuore di tutti, tranne quello di Camomilla ovviamente, divenne un'ottima compagnia per mia nonna, e si offrì di svolgere tutti quei piccoli lavoretti di sorveglianza canina che Candy non riusciva più a portare a termine a causa dell'età.
Questo è solo l'inizio, in dodici anni ne ha combinate veramente tante, ed è conosciuto in tutto il paese, se dovete trovare casa nostra non vi conviene chiedere dove abita la famiglia Tonelli, chiedete dove abita Poker, tutti vi sapranno indicare la casa.
Purtroppo ieri il veterinario, quello che l'ha seguito fin dalla sua prima disavventura, ci ha detto che Pochipò non rimarrà ancora molto tempo con noi, un tumore al sistema linfatico ce lo porterà via presto, fino a quando potrà vivere dignitosamente faremo il possibile per farlo stare bene, poi dovremo rassegnarci a dirgli addio, è un momento al quale adesso preferisco non pensare.

domenica 15 febbraio 2009

ventiseiesima puntata - i figli di isottina

Ho già detto che Isottina ebbe numerosi figli, ma il primo e l'ultimo parto furono particolari.
Tra Candy e Isotta si instaurò subito un rapporto di amicizia profonda, erano solidali tra loro in quanto vittime della stessa aguzzina, cioè Camomilla. Tutte e due venivano redarguite almeno una volta al giorno, Isottina si prendeva anche qualche sberlone che Candy riusciva ad evitare solo grazie alla sua altezza. Comunque le due passavano molto tempo insieme e molto tempo con me, io studiavo in camera mia e Candy stava sdraiata di fianco alla mia sedia e Isottina invece era sempre sulla scrivania.
Avevamo il sospetto che Isottina avesse trovato un fidanzato, ma il sospetto diventò certezza quando la sua evidente gravidanza non poteva più rimanere nascosta... aveva una pancia che quasi toccava terra... da qualche giorno la gatta stava cercando un posto dove partorire e noi, forti delle precedenti esperienze eravamo decisi a lasciarle fare quello che voleva, sembrava ben disposta verso un armadio in anticamera e mia nonna aveva già preparato dei teli per quando sarebbe arrivato il momento. Un pomeriggio io ero sul divano del soggiorno a leggere il giornale, arrivò Candy che si sdraiò vicino a me, poi arrivò anche Isottina che a fatica si sistemò sulle mie ginocchia, io ero immersa nella lettura e non badavo a loro. Candy russava e Isottina faceva le fusa come al solito, no non come al solito più forti, molto più forti e anche con degli strani versolini... Candy si svegliò e incominciò a guaire e a darmi delle musate, io le dissi di smettere, Isottina faceva degli strani versi e in più era molto calda, sentivo uno strano calore sulle gambe, un terribile pensiero si fece largo nella mia mente, abbassai il giornale e vidi che quella gatta demente mi stava partorendo in braccio! Mi guardò con la faccia felina più dolce del mondo e disse: mrmao? Cercai con buone maniere di spiegarle che in genere le gatte non partorivano in braccio ai padroni e la spostai nell'armadio, Candy rimase nei pressi dell'armadio per tutto il tempo, due ore circa, il tempo necessario perchè tre bellissimi gattini venissero al mondo.
candy era la loro baby sitter, si occupava di loro mentre Isottina era in giro col fidanzato che, lestamente la mise incinta di nuovo e poi di nuovo ancora, al terzo parto decidemmo di farla sterilizzare, anche perchè avevamo saturato il mercato di parenti e amici e non sapevamo più a chi dare i gattini. Per fortuna gli ultimi nati erano solo due, un maschio bianco e nero e una femmina nera, la gattina nera era bellisima e non sappiamo se per l'affinità di colore ma fu subito amore profondo con Candy. Isottina fu subito sterilizzata e si disinteressò presto dei figli, il gattino bianco e nero trovò una famiglia, mentre la gattina nera rimase con noi. Praticamente era la figlia adottiva di Candy, se la portava in giro prendendole la testa in bocca e dormivano insieme nella cuccia del cane. Quando erano addormentate abbracciate, tutte e due così nere, non si distinguevano l'una dall'altra. Il loro legame era molto profondo, al limite dell'incredibile, quando Romy, questo era il suo nome, partorì a sua volta, volle vicino a se Candy, che l'aiutò persino a lavare il suo unico piccolo, purtroppo il micino morì dopo una settimana e quando Romy piangeva disperata Candy correva a darle dei piccoli colpi col muso la leccava e la consolava.
Dieci anni più tardi un brutto giorno tornai a casa dal'ambulatorio del nostro veterinario senza Candy, non so da cosa lo capì, ma Romy comprese subito quello che era successo, andò nella loro cuccia e emise un lungo miao profondo, disperato, che mi colpì al cuore, ancora una volta i miei animali mi avevano insegnato qualcosa: ci si può amare anche se si è diversi.

mercoledì 11 febbraio 2009

venticinquesima puntata - le sbarre

Vedendo uno spot in tv, mi è tornato in mente un piccolo incidente accadutomi quando avevo quattro anni. Prima di raccontare l'episodio però è bene che si capisca quale era il nostro clima familiare a quel tempo. Avrete già capito che ero la "cocca" di mio nonno e di mio papà, io ero affidata alle cure fisiche di nonna Elide e mamma Udi, ma la responsabilità morale era la loro (o così almeno credevano). Compiuti i tre anni mamma e nonna decisero che era tempo che io frequentassi la scuola materna, nonno e papà non erano molto d'accordo, a quel tempo non si usava a meno di impegni lavorativi da parte della mamma, ma la mia di mamma era a casa e anche, la nonna... comunque con una botta di modernità e il dissenso neanche tanto malcelato del nonno andai all'asilo dalle suore. Fu un disastro, avevo paura delle suore... soprattutto di quella alla quale ero affidata, tutta vestita di nero, grossa anziana e anche un scorbutica, appena la vedevo mi mettevo a piangere e correvo da un'altra suorina, Suor Silvia, giovane dolce e tanto buona. In più dobbiamo metterci anche il trauma del primo giorno: ricreazione in giardino, dopo aver smesso di piangere salii su una delle giostrine... una di quelle circolari con una fila di seggiolini esterni che venivano fatti girare dagli stessi bambini a forza di braccine aggrappandosi a un cerchio fisso più interno (sono stata spiegata?). Io salii con gran difficoltà sull'infernale attrezzo, troppo alto per me, per scoprire che la ricreazione era finita e che bisognava rientrare immediatamente in classe, non riuscii a scendere... la giostra girava e girava e io piangevo e piangevo e in giardino non era rimasto più nessuno... fino a che arrivarono due bimbetti, uno poco più grande di me e uno già grandicello, e mi aiutarono a scendere, uno di loro mi diede anche il suo fazzolettino per asciugarmi le lacrime (quel fazzolettino ce l'ho ancora) mi accompagnarono in classe e mi lasciarono piangente tra le braccia di Suor Silvia... Le cose col passare del tempo non migliorarono, nemmeno andare all'asilo statale giovò alla mia tristezza cronica, finchè un pomeriggio tornata a casa fissai mia mamma e mia nonna con serietà e dissi (badando bene che mio nonno sentisse): ma voi, non vi vergognate a essere a casa in due e a me mandarmi all'asilo?
Seppure espresso in un italiano piuttosto incerto, il concetto fu recepito chiaramente dal nonno. Dal giorno successivo non frequentai più la scuola materna. Seguirono mesi di rimbrotti da parte del nonno verso mamma e nonna perchè secondo lui la mia psiche aveva subito dei traumi incancellabili, in quei quindici giorni di asilo...
Dopo quasi un anno, un sabato pomeriggio di Primavera inoltrata, mamma Udi e nonna Elide decisero di uscire per un giro di commissioni in centro e mi affidarono alle cure di nonno Armando e papà Fernando con mille raccomandazioni che caddero nel vuoto. La giornata era veramente bella, e i due incauti baby sitter mi portarono in pasticceria a fare merenda, al ritorno si fermarono sul portone di casa a fare due chiacchere con un vicino. Davanti al nostro palazzo c'era un piccolo cortiletto delimitato da una cancellata di ferro, lasciata da sola e annoiata, io pensai bene di infilare la testa nella cancellata per tirarla subito fuori, era divertente... ma la terza volta l'operazione non riuscì tanto bene, rimasi incastrata! Incominciai a urlare a squarciagola, il nonno e papà arrivarono immediatamente e cercarono di disincastrarmi tirandomi per le spalle col solo risultato di farmi urlare di più. Il vicino col quale stavano parlando, chiamò un altro vicino, una coppia di anziani che passava per la via si fermò a vedere cosa stava succedendo a quella povera bambina che strillava a più non posso, ormai si era formata una piccola folla. Iniziarono ad arrivare i primi suggerimenti, gira la testa così, gira la testa cosà, tira su, tira giù... qualcuno disse "ungetele la testa con dell'olio, scivolerà fuori", nessuno aveva dell'olio, ma arrivò una vicina con un panetto di burro che mi spalmarono abbondantemente su tutta la testa, niente da fare... arrivò anche l'olio, mi versarono una bottiglia d'olio addosso, le orecchie erano ormai incandescenti e io strillavo sempre più forte... papà corse a prendere il cric della macchina, pensava di poter allargare le sbarre con quello, stava armeggiando con l'attrezzo quando, a sirene spiegate, arrivarono i pompieri, chiamati da una vicina. Fu un gran parapiglia, nonno urlava come un pazzo, papà cercava di spiegare ai pompieri cosa stava per fare, un vicino continuava a sostenere l'utilità dell'olio, uno dei pompieri sosteneva che solo tagliando le sbarre con un flessibile sarebbero riusciti a liberarmi la testa, tutti parlavano urlavano e si agitavano e nessuno più mi guardava... mio nonno, che stava per mettere le mani al collo della vicina che gli aveva appena detto che i bambini andavano sorvegliati, si sentì tirare per una manica e si sentì chiedere "adesso possiamo tornare in pasticceria?", ero riuscita a liberarmi, ma nessuno seppe mai dire come. In quel momento arrivarono la mamma e la nonna, videro tutta quella gente davanti a casa e il camion dei pompieri, si stavano domandando cosa poteva mai essere successo, quando sentirono il nonno che inveiva, videro mio padre che discuteva con i pompieri ma soprattutto videro me, con la faccia rossa come un pollo, tutta unta di olio con pezzetti di burro nei capelli e gli occhi gonfi di pianto. Io corsi subito in braccio alla mamma e ricominciai a piangere. La calma tornò solo dopo un'ora, i pompieri se ne andarono, i passanti ripresero la loro strada e vicini rientrarono nelle loro case. Anche tutti noi rientrammo in casa, in quello che si può definire un silenzio glaciale, mamma e nonna da quelle gran signore che erano evitarono ogni recriminazione, ma i loro sguardi valevano più di mille parole!

lunedì 2 febbraio 2009

ventiquattresima puntata - Candy

Nel settembre del 1985, ci trasferimmo fuori Milano. Ventiquattro anni fa era tutta campagna... non avevamo nemmeno il telefono... la compagnia telefonica impiegò sette mesi a darci la linea, fu un vero incubo. Abituata a vivere in centro a Milano, per me fu uno shock, trovarmi in mezzo a una campagna, senza un mezzo di trasporto e senza telefono. Nonna Elide e Greta vennero a vivere con noi, la convivenza di Camomilla e Isotta con il cane si rivelò subito problematica. Greta era ormai anziana e ancora più cattiva del solito, attaccava tutti senza motivo, una volta mi morsicò un piede lasciandoci un dente attaccato, Camomilla non era disposta ad accettare un comportamento simile e decise che il cane andava educato a suon di sberloni. Comunque Greta non rimase molto con noi, conobbe un cane semirandagio che aveva abitato nel cantiere di casa nostra e poi era rimasto lì, lo chiamavamo Botolo, era un buffissimo cane bianco e nero con il collo più grosso della testa, delle zampette corte corte attaccate a un corpo cilindrico enorme, fatto sta che i due si innamorarono perdutamente fuggirono insieme e consumarono il loro amore per due giorni di seguito. Greta tornò piuttosto malconcia, la portammo dal veterinario, ma morì il giorno dopo, evidentemente era troppo anziana per sopportare una simile performance. Nonostante tutto fui dispiaciuta della sua morte, era comunque una di famiglia, antipatica cattiva e dispotica, ma una di famiglia e lasciò comunque un vuoto.
Decidemmo quindi di prendere un altro cane, risposi a un annuncio su un giornale che diceva "cedesi pastore tedesco nero focato, femmina di circa tre mesi". Andai a vedere il cane e mi si drizzarono i capelli in testa, la povera cucciola, che tutto sembrava tranne che un pastore tedesco, era legata con un fil di ferro al collo in uno di quegli orticelli che i pensionati coltivano a bordo delle strade, immersa nel fango fino al collo e in evidente stato di denutrizione. "Se non riesco a venderla la porto al canile e la faccio sopprimere" mi disse l'amorevole padrone, "se non mi da subito quella bestia, vado dai carabinieri e la denuncio" risposi io, mi presi il cane e lo portai via. Appena salita in macchina la cucciolotta dimostrò di soffrire il mal d'auto, per fortuna, perchè vomitò una spugna fritta. La portai subito dal veterinario che mi tranquillizzò, l'animale era malconcio, ma entro breve tempo si sarebbe rimessa in forze, mi disse anche, dopo averla vaccinata, che molto probabilmente era un incrocio tra un pastore belga e qualcos'altro... capimmo dopo che il qualcos'altro doveva essere una scrivania perchè il cane diventò enorme...
La portai a casa dove ricevette il solito benvenuto di Camomilla, un pugno in faccia, Isottina invece si disse subito disponibile a lavarla e iniziò a leccarle tutta la faccia tenendole ferma la testa con le zampe con appena appena un pò di unghie fuori... fu subito evidente che era un cane buonissimo e dolcissimo, si lasciò fare una bella doccia e si, effettivamente aveva il mantello nero e le zampe marroni (come le gambe di una scrivania appunto). Mentre la stavo asciugando, davanti al divano del soggiorno, accesi la tv, stavano trasmettendo un cartone animato di Candy Candy, alla frase "signorina Candy!" pronunciata in tono piuttosto imperioso da un personaggio della serie, il cane si voltò immediatamente verso la tv con le orecchie talmente tese da incrociarsi sopra la testa, "bene, evidentemente ti chiami Candy" le dissi, lei mi rispose con una bella leccata in faccia, e il nome era deciso: Candy, che tra l'altro rispecchiava la grande dolcezza di chi quel nome lo avrebbe portato per dodici anni.