
Seppure espresso in un italiano piuttosto incerto, il concetto fu recepito chiaramente dal nonno. Dal giorno successivo non frequentai più la scuola materna. Seguirono mesi di rimbrotti da parte del nonno verso mamma e nonna perchè secondo lui la mia psiche aveva subito dei traumi incancellabili, in quei quindici giorni di asilo...
Dopo quasi un anno, un sabato pomeriggio di Primavera inoltrata, mamma Udi e nonna Elide decisero di uscire per un giro di commissioni in centro e mi affidarono alle cure di nonno Armando e papà Fernando con mille raccomandazioni che caddero nel vuoto. La giornata era veramente bella, e i due incauti baby sitter mi portarono in pasticceria a fare merenda, al ritorno si fermarono sul portone di casa a fare due chiacchere con un vicino. Davanti al nostro palazzo c'era un piccolo cortiletto delimitato da una cancellata di ferro, lasciata da sola e annoiata, io pensai bene di infilare la testa nella cancellata per tirarla subito fuori, era divertente... ma la terza volta l'operazione non riuscì tanto bene, rimasi incastrata! Incominciai a urlare a squarciagola, il nonno e papà arrivarono immediatamente e cercarono di disincastrarmi tirandomi per le spalle col solo risultato di farmi urlare di più. Il vicino col quale stavano parlando, chiamò un altro vicino, una coppia di anziani che passava per la via si fermò a vedere cosa stava succedendo a quella povera bambina che strillava a più non posso, ormai si era formata una piccola folla. Iniziarono ad arrivare i primi suggerimenti, gira la testa così, gira la testa cosà, tira su, tira giù... qualcuno disse "ungetele la testa con dell'olio, scivolerà fuori", nessuno aveva dell'olio, ma arrivò una vicina con un panetto di burro che mi spalmarono abbondantemente su tutta la testa, niente da fare... arrivò anche l'olio, mi versarono una bottiglia d'olio addosso, le orecchie erano ormai incandescenti e io strillavo sempre più forte... papà corse a prendere il cric della macchina, pensava di poter allargare le sbarre con quello, stava armeggiando con l'attrezzo quando, a sirene spiegate, arrivarono i pompieri, chiamati da una vicina. Fu un gran parapiglia, nonno urlava come un pazzo, papà cercava di spiegare ai pompieri cosa stava per fare, un vicino continuava a sostenere l'utilità dell'olio, uno dei pompieri sosteneva che solo tagliando le sbarre con un flessibile sarebbero riusciti a liberarmi la testa, tutti parlavano urlavano e si agitavano e nessuno più mi guardava... mio nonno, che stava per mettere le mani al collo della vicina che gli aveva appena detto che i bambini andavano sorvegliati, si sentì tirare per una manica e si sentì chiedere "adesso possiamo tornare in pasticceria?", ero riuscita a liberarmi, ma nessuno seppe mai dire come. In quel momento arrivarono la mamma e la nonna, videro tutta quella gente davanti a casa e il camion dei pompieri, si stavano domandando cosa poteva mai essere successo, quando sentirono il nonno che inveiva, videro mio padre che discuteva con i pompieri ma soprattutto videro me, con la faccia rossa come un pollo, tutta unta di olio con pezzetti di burro nei capelli e gli occhi gonfi di pianto. Io corsi subito in braccio alla mamma e ricominciai a piangere. La calma tornò solo dopo un'ora, i pompieri se ne andarono, i passanti ripresero la loro strada e vicini rientrarono nelle loro case. Anche tutti noi rientrammo in casa, in quello che si può definire un silenzio glaciale, mamma e nonna da quelle gran signore che erano evitarono ogni recriminazione, ma i loro sguardi valevano più di mille parole!
Nessun commento:
Posta un commento