domenica 29 novembre 2009

trentottesima puntata - I voli di Sofy


Ho già accennato al fatto che Sofy ha fatto un paio di tentativi di diventare l'Icaro dei gatti, ma non ho mai raccontato bene come si sono svolti i fatti.
Abitavamo nella nostra prima casa, un appartamento al terzo piano con un grande balcone in soggiorno e uno più piccolo in cucina, tutti e due i balconi avevano un parapetto molto largo, spero che dalla foto si capisca. Il passatempo preferito da Psyco nella bella stagione era stare tutto il giorno sul balcone, di solito si accontentava di guardare attraverso la feritoia, ma nei giorni in cui era fornita di una dose supplementare di coraggio e di curiosità, saltava sul parapetto e rimaneva anche delle ore a guardare le rondini che avevano i nidi sotto il tetto e verso sera l'attrazione principale diventavano i pipistrelli, una grande colonia abitava il sottotetto (infatti non abbiamo mai visto una zanzara per tutto il tempo che abbiamo abitato lì).
Ovviamente durante queste azzardate operazioni era sempre tenuta sotto stretta sorveglianza, un paio di volte sono riuscita ad afferrarla per la coda prima che si lanciasse nel vuoto nel tentativo di catturare al volo una preda.
Un sabato pomeriggio, Sofy era in balcone in beata contemplazione del cielo azzurro osservando il giocoso volo di colorate farfalle, io la tenevo sotto controllo dal soggiorno... il tempo di girare una pagina del giornale e nel risollevare lo sguardo Sofy non era più sul parapetto del balcone, un attimo di perplessità e poi la consapevolezza che il micio aveva spiccato il volo! In un secondo ero affacciata al balcone a guardare giù. L'intrepida bestiola era sul prato guardava su, cercando di capire come potesse essere accaduto un fatto tanto increscioso, dopo due minuti era tra le mie braccia tremante e impaurita, un rivolo di sangue le usciva dalla bocca... in quel momento mi sono sentita lo stomaco stretto in una morsa. Per fortuna dopo un attento esame il gatto volante non identificato, risultò essere praticamente illeso, a parte una lieve escoriazione al labbro e una certa tachicardia... che tra l'altro avevo pure io! Comunque dopo questa esperienza, per il resto dell'estate Psyco si guardò bene dal salire di nuovo sul parapetto del balcone.
Dopo circa un anno, non ritenendo ancora sicura la zona del soggiorno, decise di scrutare gli orizzonti che offriva il terrazzino della cucina. Io la guardavo amorevolmente mentre lavavo i piatti, tra una tazzina e un bicchiere con la coda dell'occhio vedevo il micio tranquillamente sdraiato sul muretto, un frullio dell'aria e quelle zampette che annaspavano nel vuoto... panico, un altro pugno nello stomaco, un balzo ed ero lì a guardare giù... questa volta la situazione si presentava ben più grave già al primo sguardo, sangue dappertutto e la gatta inerte nel balcone del pian terreno. Una corsa a perdifiato giù dalle scale ed eccoci lì davanti a due occhi felini sgranati e increduli, con delicatezza michi la prese in braccio e lei si aggrappò alle sue spalle conficcandogli le unghie nella carne. Questa volta doveva essersi fatta male sul serio, una volta a casa e messa sul pavimento non riusciva proprio a stare in piedi e perdeva sangue dal naso... e allora via di corsa al pronto soccorso veterinario...
Scena in ambulario: io tenevo ferma sofy sul tavolo d'acciaio, michele da una parte e il veterinario dall'altra parlano, sofy spostava lo sguardo alternativamente da uno all'altro, dialogo V=veterinario M= michele S=sofy

V= da che piano è caduta?
M= dal terzo piano
S= miau
V= avete visto se ha picchiato la testa?
M= non abbiamo visto
S= emmao!
V= ha sicuramente una frattura del palato, si vede chiaramente, il sangue dal naso dipende da quello, non dovrebbe esserci niente di più grave.
S= mià
M= cosa dobbiamo fare?
S= meow
V= ma il vostro gatto fa sempre così? deve sempre intervenire nelle conversazioni?
M= si
S= marangà!
Dopo istruzioni e raccomandazioni varie l'abbiamo riportata a casa, dolorante impaurita, ma viva! Un altro momento terribile fu quello della somministrazione dell'antibiotico, era un liquido denso rosa... dovevamo spararglielo in bocca con una siringa senza ago... dopo vari tentativi c'era antibiotico dappertutto meno che dentro al gatto! Peggio ancora andò con la flebo, nessun problema fintanto che sottopelle entrava la soluzione fisiologica, ma quando iniettai la siringa del secondo antibiotico fu vero dramma... ci trovammo di fronte a una belva, con le fauci spalancate, il pelo dritto, emise un verso raccrapicciante che ci fece indietreggiare impauriti...
Nonostante le difficoltà nella somministrazione delle medicine la belva guarì perfettamente e noi decidemmo di comprare una casa al pianterreno... da quando ci siamo trasferiti viviamo più sereni.

lunedì 9 novembre 2009

trentasettesima puntata - nonna elide

Nonna Elide è morta due anni e mezzo fa. Forse solo ora riesco a fare i conti con questo dolore. Non è esatto dire che la nonna è morta due anni fa, la mia nonna se ne era andata già da diversi anni, la sua mente persa nel labirinto di quella subdola malattia che si chiama alzheimer, quella malattia vigliacca, silente per tanti anni che nel volgere di poco tempo ti ruba i pensieri, la personalità, i ricordi, la quotidianità... la dignità. Vedere quella bella signora, con quella naturale signorilità che solo poche donne hanno e che le ho sempre invidiato, con quella rara capacità di portare con eleganza e distinzione qualsiasi abito, diventare sciatta disordinata incurante della sua persona, vedere quella donna che si ricordava ogni cosa, persino se avevo spostato un barattolo sullo scaffale della cucina diventare indifferente e tutto e a tutti e poi alla fine non riconoscere più nessuno nemmeno il suo unico adorato figlio, la sua ragione di vita... è stato devastante.
All'inizio ero arrabbiata, si arrabbiata con lei, perchè si era ammalata, perchè mi stava lasciando proprio quando volevo che mi stesse vicina, improvvisamente per la prima volta era lei ad avere bisogno di me e io non ero in grado di fornirle quell'appoggio morale che le sarebbe stato di conforto quando ancora poteva capire qualcosa. Non potevo sopportare di vedere quello sguardo una volta sempre acuto e vigile adesso perso nel vuoto, quegli occhi una volta splendenti e vivi con sempre una luce di malizia pronta a brillare adesso spenti, opachi affacciati sul baratro del nulla.
Poi la rabbia è passata, per lasciare il posto a un dolore infinito.
La donna che mi aveva cresciuta, dandomi tutto il suo amore straordinario, cercando di trasmettermi tutta la sua forza, era li davanti a me, inerme, debole e indifesa.
L'ultimo giorno della sua vita l'ho passato accanto al suo letto, tenedole la mano fino all'ultimo momento, tutti dicevano che non poteva sentire niente che ormai era in coma, ma io so che non è così, io so che mi sentiva.
Durante quel pomeriggio mi sono tornate in mente tante cose i ricordi arrivavano a ondate: avevo tre anni quando mi ha portato al palazzo del ghiaccio di milano e mi ha insegnato a pattinare, lei mi stava vicino quando per la prima volta sono andata sulla bici senza rotelle, c'era lei a casa quando sono tornata dopo il primo giorno di scuola in lacrime perchè la maestra mi aveva detto che babbo natale non esiste, lei ha voluto farmi prendere lezioni di pianoforte, lei mi ha insegnato l'importanza della cultura facendomi leggere tanti libri fin da piccola, lei mi preparava la merenda, lei mi sgridava quando mi comportavo male, è anche grazie a lei se ho fatto tante vacanze meravigliose, mi insegnato a lavorare a maglia e a cucinare, mi ha insegnato ad amare e l'ultimo regalo che mi ha fatto è stato dirmi che michele era la persona giusta.,
Se penso a tutto quello che ha fatto nella sua vita... si è sposata giovane con l'amore della sua vita contro il volere della famiglia e ha dimostrato a tutti che quella che aveva ragione era lei, i miei nonni si sono amati profondamente per tutto il tempo che sono stati insieme, sempre vicini, soprattutto spiritualmente, hanno affrontato insieme avversità e momenti felici, sempre con allegria. Vorrei tanto assomigliarle almeno un pò.
Non passa giorno senza che le rivolga un pensiero, sempre col rammarico di non essere riuscita a farle capire quando era qui quanto è stata importante per me, quanto le volevo bene, quel poco di buono che c'è in me lo devo a lei.
Ti ho amata tanto nonna, perdonami se non sono mai riuscita a fartelo capire.

sabato 7 novembre 2009

trentaseiesima puntata - La Lila

Quando il mio papà era bambino aveva una cagnolina, la Lila, una cagnolina bianca e nera, molto simile a Pochipò. La Lilina, come la chiamavano tutti, era intelligentissima e molto affezionata al suo piccolo padrone. Al tempo i miei nonni vivevano ancora nelle campagne vicino a Mantova, in una cascina chiamata Facalina, antica corte del Monastero di Polirone, prende il nome da messer Facalino e pare risalga al 1657, una nota storica così tanto per gradire....
Nell'immediato dopoguerra, cioè proprio nel 47, il mio papà frequentava le scuole elementari e tutte le mattine prendeva la sua biciclettina e pedalava fino alla scuola del paese, con lui c'era sempre la lilina, con le zampe davanti appoggiate sul manubrio e quelle dietro sulla canna della bicicletta. I due arrivavano a scuola e lì ovviamente si separavano ognuno ad attendere alle proprie occupazioni, il bimbetto a scuola e la cagnetta in giro per il paese. Il quadrupede tornava poi a casa, fino a quando mia nonna le diceva: su lilina vai a prendere fernandino... e lei via di corsa verso la scuola, si metteva vicino alla bici e quando il diligente alunno usciva dalla classe tornavano tutti e due verso casa. L'amicizia bambino-cane è una delle forme più antiche di affetto, quelle sensazioni che ti porti dentro per tutta la vita e che ti fanno sorridere anche dopo anni, purtroppo sono spesso associate anche al primo dolore, alla prima perdita. I miei nonni decisero di trasferirsi a Milano, in cerca di una vita migliore e per creare un più solido futuro a mio padre, gli diedero però anche la prima lezione di vita, il nostro piccolo mondo dorato di bambini è destinato a crollare nell'incontro con la vita vera. Il trasferimento a milano per mio papà significò lasciare la casa dove era nato, i suoi nonni e i suoi cugini che vivevano nella casa a fianco e con i quali divideva tutto, ma proprio tutto e significò separasi dalla sua cagnetta dalla sua compagna di giochi e avventure, fu un dolore per tutti e due.
La Lilina rimase con i miei bisnonni, dopo qualche anno purtroppo una delle prime automobili che si avventuravano per le strade di campagna, la investì e la uccise. Inutile specificare che l'incauto guidatore fu colpito dagli strali del bisnonno, che non ebbe il coraggio di dare subito la notizia al nipote. Lo scoprì da solo l'estate successiva quando tornando a casa per le vacanze non trovò la sua amica ad aspettarlo sulla soglia di casa.
Ancora adesso, dopo quasi sessanta anni, quando parla della sua lilina a mio papà si illuminano gli occhi, lilina non sei stata dimenticata.