domenica 23 novembre 2008

ventesima puntata - Camomilla 2

Camomilla si adattò subito alla vita familiare. Appena entrati in casa aprimmo il trasportino e lei uscì senza la benchè minima timidezza, esplorò tutto l'appartamento con il piglio del proprietario. Annusò ogni centimetro quadrato della casa, approvò la sistemazione della lettiera in bagno e delle ciotole per acqua e cibo in cucina, verso sera volle perlustrare anche il grande terrazzo che, per fortuna, ebbe la sua approvazione, dal suo atteggiamento capimmo che se la casa non le fosse andata a genio avremmo dovuto traslocare prima del previsto. Dopo un paio di giorni ci fu l'incontro con Greta, la nonna venne a trovarci con il simpatico cagnetto... sembrava quasi che fosse stata avvertita del nuovo arrivo, si precipitò in casa alla ricerca del gatto... si videro, a quel punto capimmo che Camomilla non era un gatto normale, un gatto normale avrebbe soffiato, forse miagolato, avrebbe fatto la gobba e la coda grossa. Camomilla non fece nulla di tutto questo, si limitò a dare un pugno in faccia al cane, si un pugno! un gatto qualsiasi avrebbe alzato la zampa per sferrare un colpo dall'alto verso il basso, magari appoggiandosi sulle zampe posteriori e alzandosi un poco, lei no, lei rimase seduta tranquillamente e sferrò un colpo a zampa chiusa in orizzontale, diritto sul naso del cane. Tutto questo senza un verso, senza muovere un pelo... Greta rimase attonita, stupita da un simile gesto, fece dietro front e andò ad accucciarsi ai piedi di mia nonna. Camomilla rimase al suo posto, impassibile come un gatto di marmo, sicura nella sua posizione di padrona di casa. Fu così stabilito tra le due che l'una non avrebbe disturbato l'altra.
I mesi passarono, arrivò l'inverno e Camomilla scoprì il piacere dei termosifoni, passo tre mesi appallottolata su un calorifero, ricominciò a muoversi con la primavera. Con il disgelo decise di allargare i confini della sua conoscenza territoriale e incominciò a fare dei giretti sulle scale del condominio, per poi spingersi fino al cortile. Di solito usciva subito dopo cena per risalire dopo un paio d'ore, una sera verso le nove sentimmo i versi tipici di una rissa tra gatti... poco dopo Camomilla si presentò in casa, il pelo un poco arruffato e gli occhi azzurri solo un più sbarrati del solito, ma all'apparenza molto tranquilla. Il mattino dopo trovammo in cortile ciuffi di peli felini neri e rossi, di sicuro non erano di Camomilla, ma di uno o forse due antagonisti, che avevano evidentemente avuto la peggio... Camomilla era diventata il ras del quartiere.

mercoledì 19 novembre 2008

diciannovesima puntata - Camomilla

La morte di nonno Armando cambiò, in misura diversa, la vita di tutti noi. Ovviamente quella che stava peggio di tutti era nonna Eli, che per la prima volta in vita sua si ritrovò da sola, noi abitavamo in centro e lei in periferia, io andavo a trovarla quasi tutti i giorni, ma non era abbastanza. Anche per questo motivo mio padre decise che sarebbe stato meglio per tutti tornare a vivere insieme, era giunto il momento di trasferirsi, avremmo lasciato la città per vivere in "campagna". Non trovando una casa adatta alle nostre esigenze, si decise per costruirne una nuova, questa cosa mi rendeva particolarmente felice perchè avrebbe posticipato di due anni il momento di lasciare la città. Mentre i miei genitori erano impegnatissimi a causa della costruzione della casa, io me andai in vacanza con dei cugini in Liguria, fu li che incontrai Camomilla. Un giorno in spiaggia, mentre facevamo un pic nic, si avvicinò una gattina stupenda, ricordava vagamente un siamese, ma tigrato, con degli occhi azzurri stupendi, una certa aria aristocratica del tipo "non ho bisogno di niente, basto a me stessa me la so cavare benissimo, so di essere molto bella, se vuoi puoi guardarmi, ma non toccarmi", le offrii una fetta di salame, che mangiò con un certo sussiego, ringraziò e se andò. Il giorno dopo la ritrovammo, ma il suo atteggiamento era cambiato, aveva gli occhioni spalancati dalla paura e perdeva sangue dalla coda, mi si avvicinò subito come per dirmi "puoi fare qualcosa per me?", inutile dire che me la portai a casa immediatamente e il pomeriggio stesso la portai dal veterinario. La diagnosi del medico fu molto umiliante per Camomilla, le ferite sulla coda erano dei morsi, per la precisione morsi di topo e di un topo di notevoli dimensioni, evidentemente aveva avuto uno scambio di opinioni con una pantegana e la gattina aveva avuto la peggio. Il veterinario la medicò, le fece una puntura di antibiotico, stabilì che doveva avere non più di sei mesi e visto la sua vivacità la chiamò camomilla, nome che le rimase per i successivi diciassette anni. Siccome la medicazione doveva essere ripetuta per cinque giorni, decisi che almeno per quel periodo la gatta sarebbe rimasta con me, la bestiola si dimostrò essere veramente ben educata, andava in giardino per i suoi bisogni e poi tornava subito in casa perchè il veterinario aveva detto che doveva stare tranquilla per qualche giorno e lei decise di seguire alla lettera il suo consiglio. Intanto io avevo comunicato per telefono a mia mamma che avevo trovato una povera gattina abbandonata e ferita e che mi sarebbe piaciuto tanto poterla tenere "non se parla nemmeno" fu la lapidaria risposta di mamma Udi, "figurarsi se adesso portiamo a casa un gatto" rimarcò mio papà. Dopo due giorni i miei arrivarono al mare per passare insieme il fine settimana, come di consueto. Arrivarono il sabato mattina alle 10, alle 12 stavano uscendo per andare a comprare un trasportino, una lettiera e una ciotola per camomilla, visto che sarebbe venuta a casa con noi. Le bastarono cinque minuti per intortarsi mia mamma, solo due per lavorarsi mio papà.

domenica 16 novembre 2008

Diciottesima puntata - Un grande dolore.


Nonno Armando morì, dopo una breve malattia, quando avevo diciassette anni. Al momento non riuscii nemmeno a piangere, mi sentivo come paralizzata, avevo congelato i miei sentimenti. E' difficile spiegare quanto abbia significato per me crescere con mio nonno, i miei primi dieci anni sono stati i più felici della mia vita, anche perché potevo stare tutti i giorni con lui. Quante cose si imparano dai nonni, quanto amore si riceve e si da, forse ci si rende conto solo in età adulta di quale bene prezioso siano i nonni, di quanto siano importanti nella formazione di una persona.
I nonni si erano trasferiti da pochi anni in una casa dall'altra parte della città, un appartamento più grande e più comodo per loro, a piano terra con un piccolo cortiletto privato che mio nonno aveva trasformato in un giardino botanico. Nonno Armando passò a letto l'ultimo mese della sua vita, per tutto quel tempo Greta non uscì mai di casa, si allontanava dal letto del suo padrone solo per brevissime visite al giardinetto, non ci fu verso di portarla fuori nemmeno una volta. Quando arrivò l'ultima crisi ero in casa da sola con lui, la nonna si era presa cinque minuti di riposo per andare da una cugina che abitava al piano di sopra, feci le scale di corsa per andare a chiamarla, poi i ricordi si fanno confusi... gente che entrava e usciva dalla sua camera e io seduta sul divano del salotto con il cane in braccio che tremava, i preparativi del funerale, tanti parenti, tante parole inutili... e io e Greta sempre sul divano... per la prima volte unite,mute. Quando arrivò il momento di portare fuori la bara, mi fu chiesto di salire al piano di sopra da nostra cugina con Greta, perché aveva incominciato a mordere alcuni parenti alle caviglie. Andai sul balcone con il cane in braccio, per vedere mio nonno che usciva di casa per l'ultima volta, al passaggio della bara Greta lanciò un lungo acutissimo ululato e io, finalmente, piansi. Per i tre giorni successivi, Greta non toccò cibo, se ne stava sdraiata sul tappetino ai piedi del letto del suo padrone, per tutto il giorno, si spostava solo alla sera quando la nonna andava a letto per mettersi vicino a lei. Il quarto giorno aprendo un armadietto in cucina, trovai un pacchetto dei biscotti preferiti dal nonno, quelli che mangiava la mattina a colazione, ne portai uno a Greta, lei lo annusò e si mise a uggiolare disperatamente guardando il letto, sapeva che quelli erano i “suoi” biscotti, quelli che divideva con lei durante il loro particolarissimo rito della colazione. Il nonno si sedeva al tavolo della colazione, con latte e biscotti, il cane faceva il diavolo a quattro per attirare la sua attenzione e lui faceva finta di non vederla, anzi chiedeva “ma dov'è stamattina quel cane?”, fino a quando lui fintamente sorpreso le diceva “ah, ma sei qui...” e le dava un biscotto... lei tutta felice andava a sgranocchiare il suo premio sul tappetino della camera da letto e veniva blandamente sgridata dalla nonna... tutte le mattine così. Quel biscotto portato da me, evidentemente, non aveva lo stesso valore e lo stesso sapore, ma servì a farla mangiare di nuovo, e servì anche alla nonna perchè davanti a quel muso che la guardava interrogativamente aspettandosi un certo comportamento, fu “costretta” a far finta di sgridarla per aver mangiato il biscotto sul tappeto della camera da letto, e questo le strappò un piccolo sorriso.
La vita continuò, ma dopo di allora, niente fu più come prima.

domenica 9 novembre 2008

diciassettesima puntata - Greta e la gita in campagna

Ho già detto più volte che Greta non era certo un cane simpatico, però una volta anche lei ci fece ridere moltissimo. Greta era uno Yorkshire terrier, dall'olfatto incredibile e con l'innato istinto dello stanatore e del cacciatore, qualità che in città non poteva certo mettere in pratica, appena potevamo la portavamo fuori città dove poteva in tutta libertà sfogare i suoi istinti. Una domenica decidemmo di portarla con noi, in visita dalla mia nonna materna, che abitava in campagna. Nel pomeriggio, dopo che l'odiosa bestiola aveva cercato di azzannare la nonna mentre cercava semplicemente di coprire con una coperta mio papà che faceva un sonnellino sul divano, uscimmo per una passeggiata. Capitammo nell'aia di una cascina, subito il lesto segugio si lanciò all'inseguimento di una sventurata gallina, il pennuto però, sebbene non dotato di grande intelligenza si dimostrò più furbo del cane nel passare attorno alla fossa contenente liquami e letame. Greta pensò di guadagnare strada saltando la fossa, impresa che si rivelò essere ben al di sopra delle sue capacità, si lanciò in un atletico salto, ma la posa plastica si guastò a circa metà del percorso... Greta guardò avanti poi in basso e poi con il terrore negli occhi verso di me, io impotente la vidi cadere in un turbinio di spruzzi nel letame. Per fortuna nella fossa c'era anche una balla di paglia, alla quale Greta si attaccò con disperazione, accorsero alcune persone, gallina compresa, e tutti dal bordo della vasca, che era profonda circa tre metri, si prepararono ad assistere all'agonia del incauto cane, nessuno infatti aveva la benchè minima intenzione di scendere nella fossa per salvare il cane. Io iniziai a piangere disperatamente, non potevo stare li a vedere il mio cane annegare nel letame senza fare niente, un contadino, vedendo la mia disperazione si impietosì e iniziò a pensare a una soluzione. Disse: il cane è piccolo e leggero, forse con un forcone riusciamo a tiralo fuori. Io piansi ancora più disperatamente, avevo capito che per tirarla fuori avrebbero infilzato Greta con un forcone... dopo che mi spiegarono che avrebbero usato il forcone come una pala mi calmai. Fu applicata una specie di prolunga al manico del forcone e, non senza difficoltà, si riuscì a tirare fuori la povera bestiola, con mia grande gioia tra l'approvazione generale e il palese disappunto della gallina. Vi lascio immaginare in che condizionisi trovava Greta oltre ad essere semisvenuta per gli effluvi del liquame e per lo spavento era veramente lurida, usammo una intera confezione gigante superfamiglia di shampoo per lavarla, ma l'odore del letame andò via dopo circa sette giorni e altrettanti lavaggi. Non so perchè ma da quel giorno Greta prese in odio anche le galline.